Gli alimenti sono definiti funzionali quando, al di là delle proprietà nutrizionali di base, è scientificamente dimostrata la loro capacità di influire positivamente su una o più funzioni fisiologiche. Prerogativa fondamentale degli stessi alimenti è anche quella di contribuire a preservare o migliorare lo stato di salute e/o a ridurre il rischio di insorgenza delle malattie correlate al regime alimentare.
Simili, in apparenza, a quelli tradizionali, i cosiddetti functional foods rappresentano una variopinta categoria di alimenti che, per definizione, devono rientrare nelle comuni abitudini dietetiche. La capacità di migliorare la salute ed il benessere di chi li assume, dev’essere quindi apprezzabile quando vengono assunti nelle porzioni previste da un normale regime alimentare.
Ne sono esempi il pomodoro, l’aglio, lo yogurt, i legumi, il salmone, le noci ed i broccoli. Per il neonato il miglior alimento funzionale esistente è il latte materno. Non rientrano nella categoria integratori ed alimenti dietetici, in quanto estranei alle normali abitudini alimentari della popolazione sana.
Ovviamente, prima di pubblicizzare le proprietà funzionali di un alimento, è necessaria una solida evidenza sperimentale, in grado di dimostrarne efficacia e sicurezza. L’intero processo prevede tappe ben distinte: si parte, innanzitutto, con un’osservazione statistica o empirica che riconosce ad un dato alimento proprietà benefiche per il mantenimento dello stato di salute e la prevenzione di malattie; successivamente si cerca di scoprire altri cibi accomunati dalla medesima caratteristica.
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