I veleni in agricoltura: Il glifosato

I veleni in agricoltura : Il glifosato Ma applicare il Welfare in azienda è compatibile con l'utilizzo di erbicidi in agricoltura? 

Il glifosato è uno degli erbicidi più diffusi in agricoltura. È utilizzato principalmente per combattere le erbe infestanti che sono presenti nelle coltivazioni. La resa per ettaro così aumenta, il lavoro dell’uomo si riduce ma allo stesso tempo provoca numerosi danni alla salute delle persone e al benessere dell’ambiente.

Questo erbicida è non selettivo, ovvero è tossico per tutte le piante. Il glifosato penetra nelle foglie della pianta e in poco tempo ne raggiunge ogni parte provocando il suo disseccamento. Ha un’azione chelante cioè tende a sequestrare i micronutrienti rendendoli indisponibili per la pianta.

L’utilizzo

Nel 1970 la multinazionale Monsanto brevettò il glifosato e lo mise in commercio con il nome di Roundup. Negli anni ’90 il suo utilizzo aumentò poichè avevano avuto una grande diffusione le colture geneticamente modificate (Roundup Ready) in grado di resistere ad erbicidi a base di glifosato.

Anche oggi, le principali colture geneticamente modificate sono: mais, soia, colza, barbabietole da zucchero. I veleni in agricoltura : Il glifosato

Questo erbicida è utilizzato anche in colture non OGM. Per esempio, prima della raccolta, il frumento è trattato con il glifosato per accelerare ed agevolare l’essicamento.

Il brevetto della Monsanto sul glifosato è scaduto nel 2001, da allora la sua produzione è aumentata esponenzialmente. Il prezzo è diventato sempre più accessibile e ciò ha portato ad un suo utilizzo incontrollato in agricoltura ma anche nei giardini pubblici e privati.

Nel 2017 il suo utilizzo nei paesi membri dell’Unione europea è stato nuovamente approvato fino alla fine del 2022. Il comitato per la valutazione dei rischi dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha ribadito che il glifosato non è cancerogeno nelle quantità a cui sono normalmente esposti i consumatori. Si sottolinea, però, che questa sostanza debba continuare a essere considerata capace di provocare gravi lesioni oculari e tossica per gli organismi acquatici.

Gli effetti sulla salute

Nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) lo ha classificato come sostanza “probabilmente cancerogena“. Molti scienziati indipendenti di tutto il mondo chiedono di condurre dei monitoraggi più accurati per individuare i residui di glifosato nell’acqua, nel cibo e nel corpo umano. Inoltre, richiedono di prendere misure per proteggere le persone dall’esposizione al diserbante vietando l’utilizzo nelle aree popolate. Infatti, il dubbio è che gli effetti del veleno non siano limitati alle sole erbe infestanti trattate, ma che questi si estendano inevitabilmente alle specie animali, coinvolgendo l’intera catena alimentare compreso l’uomo. Welfare e veleni, anche NO.

Diversi studi hanno dimostrato come il glifosato sia presente in maniera diffusa nell’aria, nell’acqua e in un’ampia gamma di prodotti alimentari. É presente anche nei fluidi corporei umani come il latte materno e nelle urine.
La presenza dei residui del glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, nel terreno è confermata anche dagli organismi di controllo. Purtroppo però non vengono fatti sufficienti controlli sulla vendita e l’utilizzo del prodotto. I veleni in agricoltura : Il glifosato

Diffusione

In alcuni paesi la vendita e l’utilizzo è stato vietato, mentre in altri si può liberamente commercializzare e utilizzare anche se in misura ridotta.

In Italia resta il divieto di uso del glifosato nelle aree pubbliche frequentate dalle personne: parchi, giardini, campi sportivi, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche l’utilizzo nei campi per accelerare la maturazione e la raccolta degli alimenti.

Negli Stati Uniti il governo federale si è opposto ad analizzare gli alimenti per testare la presenza specifica del glifosato, nonostante facciano già un controllo di migliaia di campioni di alimenti per ricercare centinaia di altri pesticidi meno comunemente usati.

Il motivo?

Dicono sia uno spreco di tempo e denaro verificare la presenza di residui di un pesticida che l’industria agrochimica dichiara essere “sicuro”. Diversi studi scientifici però accostano il glifosato allo sviluppo di diversi tipi di carcinomi.
Gli organismi di controllo, spinti da una crescente richiesta di maggiori controlli hanno consentito all’accrescimento della sperimentazione. Purtroppo però hanno contemporaneamente alzato le soglie di “allarme” sotto la richiesta delle corporation che ne gestiscono la commercializzazione.
Stessa sorte riguarda la richiesta di evidenziare la presenza di OGM negli alimenti (che, giocoforza, tende ad indicare in maniera quasi automatica l’utilizzo del glifosato sulle materie prime in questione) che parecchi governi stanno adottando.

Ma, le aziende che operano nella filiera dell’agroalimentare e utilizzano materie prime provenienti da un sistema agricolo che utilizza pesticidi con quale coraggio lo fanno?

Bisogna affermare con forza che i giochi politici e gli interessi commerciali non dovrebbero mai sopravanzare le questioni legate alla salute pubblica.
I test sui residui di glifosato dovrebbero essere promossi e voluti fermamente dalle autorità competenti che devono assolutamente prendere in considerazione le preoccupazioni dei consumatori su questo controverso erbicida. Welfare e sostenibilità ensemble.

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